Le magistrature o Uffizi erano le amministrazioni pubbliche della Repubblica Fiorentina.
Ogni magistratura identificava il settore da amministrare.
Maestri della Zecca
Nel secolo XIII fu istituita questa Magistratura ed a presiederla vennero chiamati due Ufficiali, detti prima Signori della Moneta e poi Signori o Maestri della Zecca, eletti ogni sei mesi uno dall’Arte dei Mercanti di Calimala e l’altro dall’Arte del Cambio. Ad essi fu affidata la delicata mansione della sorveglianza sul conio e la fabbricazione delle monete sulle quali facevano imprimere un proprio segno o la propria arme; determinavano il prezzo delle monete forestiere con autorità… di consentirne o vietarne la circolazione; avevano licenza di ricercare e condannare i falsari. Inoltre dipendeva da questi Ufficiali la elezione semestrale del Notaio e di tutti gli altri Ufficiali minori. Il 6 dicembre 1324 fu attuata una riforma allo scopo di conservare alle monete fiorentine il loro prestigio; con tale riforma fu istituito l’Ufficio del Saggio, aggregato alla Zecca e diretto da un Maestro del Saggio o Saggiatore aiutato da otto cittadini con mansioni di pesatori, saggiatori, e rimettitori.
Questi nuovi Ufficiali dovevano “saggiare” le monete, pesarle e suggellarle, registrandone le loro caratteristiche: numero, peso totale del metallo, qualità del conio. Le monete riscontrate di cattiva fabbricazione venivano tagliate e rese inutilizzabili. I Maestri della Zecca non avevano tornate precise ma si adunavano ad ogni elezione in carica del Magistrato, quando questi “piglia l’Ofitio” senza pertanto avere giorni settimanali prestabiliti. Le riunioni avvenivano nella loro residenza situata sull’attuale Piazzale degli Uffizi, di fianco alla Loggia della Signoria; sull’architrave della porta d’ingresso vi sono tuttora scolpiti gli stemmi della Repubblica e quelli dell’Arte di Calimala e del Cambio. Durante la costruzione della Loggia, la Zecca fu trasferita sul Lungarno che porta ancora questo nome, ma a lavori ultimati fu nuovamente riportata agli Uffizi. I Magistrati della Zecca avevano l’insegna in campo azzurro addenaiato di fiorini d’oro.
Magistrato dell’Onesta
Questo Magistrato fu istituito nel 1415 ed a dirigerlo vennero eletti otto cittadini chiamati Ufficiali dell’Onestà, che avevano l’importante e delicata funzione di conservare nel pubblico quella virtù. Tutelavano la moralità e il buon costume; per lo svolgimento delle loro mansioni ®li predetti otto dell’Onestà erano autorizzati di andare di notte tempo cum lume e senza lume. Gli Ufficiali avevano cura che le donne di facili costumi osservassero le norme degli statuti ad esse inerenti; tenevano continuamente aggiornati gli elenchi delle mondane, dalle quali riscuotevano la tassa stabilita per il mestiere più antico del mondo; giudicavano anche le cause fra meretrici e cittadini.Oltre al pagamento della tassa prescritta, le mondane dovevano portare un particolare segno sugli abiti consistente in un fiocco giallo, altrimenti non potevano esercitare la loro attività; tuttavia, a poco a poco l’uso di tale segno scomparve e fu sostituito col pagamento di un’altra tassa.
Per uscire di casa nelle ore notturne, le belle di notte dovevano essere in possesso di un bollettino, una speciale licenza rilasciata dagli Ufficiali dell’Onestà… dopo l’avvenuta riscossione della tassa. La legge stabiliva delle pene severissime a carico delle meretrici incappate nei reati di bestemmia, furto o smodata bruttura. Secondo la gravità del caso le condanne andavano dal bagno forzato in Arno, legate e calate da un ponte, all’incatenamento alla gogna posta davanti all’Ufficio del Magistrato. Gli Ufficiali facevano le loro tornate il martedì e il venerdì mattina e sera, nella propria residenza situata nella piazzetta dei Tre Re, tuttora esistente con questo nome, nella quale si accede da via Calzaiuoli per un vicolo detto, appunto, dell’Onestà. L’insegna in campo bianco mostrava due leoni d’oro rampanti affrontantisi, con un piccolo giglio rosso fra le loro teste.
Ufficio delle Decime
La Decima fiorentina era un’imposta o tributo del dieci per cento che gravava sulle rendite dei beni immobili; fu istituita nel 1469 e successivamente riformata nel 1494, a carico di tutti i cittadini domiciliati in Firenze e nel Contado, i quali dovevano pagarla annualmente al Comune. Il Magistrato che soprintendeva all’esazione della Decima, era composto da quattro cittadini abili agli uffizi e di età di almeno anni 35, e per tutta la città dovevano chiamarsi Ufficiali della Decima.Dapprima questa imposta fu aggiunta al Catasto, l’ufficio al quale ogni cittadino aveva l’obbligo di denunziare i propri beni; successivamente la Decima subentrò al Catasto stesso, quando la legge del 1494 decretò che essa fosse ordinaria e perpetua, da rivedersi ogni triennio e da imporsi una volta all’anno con l’abolizione delle voci in detrazione.
Erano esentati I’industria, la persona e qualunque avere che non mena frutto, e qualunque frutto che non fruttifica, per non alterare gli esercizi e i traffichi della città, de’ quali tanto fiorito e s~ gran popolo si pasce e nutrica. La Decima, applicata prima in città, nel 1504 si estese anche al Contado e poi a tutto il Dominio Fiorentino, variando però nella percentuale. Nei casi di necessità divenne poi scalata, cioè come l’odierna imposta progressiva. I cittadini che non avessero denunziato o lo avessero fatto parzialmente, il proprio patrimonio, si vedevano confiscati i beni non denunziati. Gli Ufficiali della Decima si riunivano il mercoledì ed il giovedì sera: e le loro registrazioni, eseguite sugli appositi libri, erano dette tirare a decima. Questa Magistratura aveva l’insegna a campo bianco con un giglio rosso dimezzato verticalmente a destra, mentre alla sinistra figurava la lettera V dello stesso colore.
Maestri della Gabella dei Contratti
La gabella dei contratti era una tassa (o meglio un’imposta indiretta) calcolata secondo un tanto per cento ed applicata su qualunque contratto, convenzione o accordo fra due o più persone o parti, atto a costituire un rapporto giuridico patrimoniale opportunamente registrato; in parte corrispondente all’Ufficio del Registro dei nostri tempi. Con la semplice parola Contratti s’intendeva indicare questo magistrato. Il Magistrato fu istituito intorno al 1316 e vi furono preposti degli Ufficiali chiamati Maestri della Gabella dei Contratti o Provveditori della Gabella dei Contratti o anche Provveditori de’ Contratti. Questi Ufficiali dovevano curare la regolazione l’applicazione e la riscossione di quella tassa comunale che gravava appunto sulle pubbliche scritture le quali, per mano di un loro notaio dovevano essere notificate, scritte e notate ne’ libri delle notificazioni di tal Gabella per produrne poi tutti gli effetti legali.
Gli Ufficiali avevano competenza ed autorità a giudicare le cause civili e penali riguardanti quella gabella, e condannare i sottoposti a gravezza che avessero evaso l’obbligo del pagamento, secondo le punizioni proporzionate al reato previste dalla legge, che potevano arrivare anche al taglio della testa, pena senz’altro scoraggiante per qualsiasi potenziale evasore! Dino Compagni, nella sua La Cronica ci fa sapere che la gabella dei contratti rendeva al Comune ventimila fiorini d’oro all’anno. Il 26 Marzo 1528 fu approvata una legge con la quale si stabiliva che ogni notaio doveva tenere i suoi protocolli in libri legati e non più sciolti, e che doveva tradurre in volgare ogni suo istrumento, facendolo poi copiare in quattro libri–uno per quartiere–appositamente istituiti.
I Maestri della Gabella dei Contratti facevano le loro tornate ogni martedì mattina e mercoledì sera. Questo Magistrato aveva nell’insegna in campo azzurro un leone rampante oro con la lingua rossa, voltato verso sinistra, abbrancante in alto un cartiglio con la scritta Contratti.
Ufficiali della Grascia
“Grascia” ossia qualsivoglia cosa che serva al vitto degli uomini, fu anche il nome di un Magistrato il quale era preposto soprattutto alla sorveglianza del giusto prezzo delle grascie che erano vendute al minuto. A costituire questo Magistrato furono eletti cinque Ufficiali al fine di rendere ai cittadini buona ragione i quali fra le loro molte ed importanti incombenze, sovrintendevano all’approvvigionamento di tutti i generi alimentari, allo stabilirne i prezzi di vendita al pubblico ed alla sorveglianza che questi venissero giustamente applicati per evitare illecite speculazioni da parte dei venditori. Inoltre, gli Ufficiali della Grascia vigilavano sulla genuinità dei prodotti, sulla precisione dei pesi e delle misure, sui mulini e sui mugnai; stabilivano il salario delle persone di servizio, costringevano le comunanze alla perfetta manutenzione delle strade e dei ponti, per assicurare un ottimo trasporto in città delle vettovaglie.
La loro giurisdizione si estendeva anche sui laghi, dove affittavano la pescagione, obbligando i pesciaioli, conduttori dell’affitto, a portare il pescato direttamente in città (senza poterlo vendere ambulantemente per la via) nei consueti luoghi pubblici, ai lastroni in piazza del Pesce o al Mercato Vecchio, dove il prodotto era esposto su grandi lastre inclinate. A tutela della salute pubblica, una precisa ordinanza obbligava i panettieri a tenere nelle ceste del pane in vendita, un bastoncino o una cannuccia con cui i clienti dovevano indicare la forma del pane che desideravano acquistare, senza brancicarlo con le mani. Era una norma d’igiene di mercato di singolare oculatezza, che denotava la progredita mentalità, inconsueta altrove in quei tempi. Pene severe erano previste per i venditori che avessero chiuso un occhio trasgredendo la legge. Le riunioni degli Ufficiali della Grascia avvenivano il martedì mattina e sera, il venerdì sera e i venerdì di Quaresima mattina e sera. L’insegna di questa Magistratura mostrava in campo azzurro due delfini d’oro affrontanti un moggio dello stesso colore dal quale si vedono sporgere 5 spighe di grano al naturale; dalle bocche dei due delfini fuoriescono per metà due montoni rossi.
Maestri del Sale
Con questo nome venivano designati gli Ufficiali che gestivano la gabella del sale, detta anche imposizione del sale o imposta del sale. Questa tassa, che oggi si direbbe imposta diretta, consisteva nell’imporre ai cittadini che dovevano pagarla (detti Bocche di sale o Bocche salate) a prendere e pagare allo Stato, in base al numero dei componenti la famiglia ed alle loro sostanze, la quantità di sale al prezzo che gli Ufficiali stabilivano a loro discrezione. Diffusissimo in natura, nell’acqua del mare e come minerale, il sale, oltre ad essere usato largamente nell’alimentazione (e proprio per questo ne veniva imposta la vendita a tutti i cittadini) era impiegato anche per conservare determinati alimenti, e nell’industria artigiana della concia e della tintoria. Comunque il sale era, ed É tuttora, il condimento più usato nella cucina; di questo minerale nessuno può farne a meno, naturalmente sempre se usato nella giusta quantità.
Un vecchio proverbio toscano, a questo proposito, dice Il sale acconcia le vivande, e anco le guasta! Gli Ufficiali Maestri del Sale, avevano lʼautorità di multare chi avesse cercato di sottrarsi al pagamento dovuto all’ente cittadino, applicandogli una soprattassa di 1/4 e giungendo, qualche volta, perfino a negarne l’indispensabile corresponsione. Lʼobbligatorietà del Boccatico del sale derivò dal fatto di poterne scarsamente impedire e contrastare il contrabbando. Si disse Paga del Sale la quantità di questo elemento corrispondente al peso di 170,640 libbre ed il prezzo, o denaro, che importava quella quantità. A partire dal 1320 ai Maestri del Sale fu affidata anche la gestione dei macelli e dei luoghi di conservazione del vino. Gli Ufficiali si riunivano ogni martedì e venerdì sera. La loro insegna in campo bianco mostrava una coppa coperta, di colore rosso.
Maestri di Dogana
La Dogana era il luogo fiscale dove si verificavano le mercanzie soggette a dazio, all’atto della loro entrata od uscita dallo Stato, che avveniva perlopiù direttamente presso le porte della città aperte lungo le mura di difesa. Per dogana s’intese anche la gabella o balzello, cioè la tassa che gravava sulle merci, come d’altronde in un certo modo avviene ancor oggi. Gabellotto (appunto da gabella) fu detta popolarmente un’antica moneta d’argento fiorentina che in realtà si chiamava però barile. Coniata per la prima volta nel 1505, aveva il valore di 12 soldi e 6 denari; prese il nome di barile perché‚ un pezzo corrispondeva esattamente alla gabella su di un barile di vino, pari a venti fiaschi. L’origine del nome Dogana, risale alla parola araba “diwan” cioè Ufficio di amministrazione delle finanze. Da qui provenne in principio il nome Dovana e poi, per corruzione, Dogana.
I Maestri di Dogana che hanno assai faccende a provvedere che il Comune non sia ingannato (frodare l’erario É sempre stato di moda!) erano gli Ufficiali preposti alla riscossione di quelle tasse. Le loro riunioni avvenivano il martedì mattina e il venerdì sera. Nel caso di coincidenza con una festività, le riunioni erano spostate al giorno successivo. L’antico Ufficio della Dogana aveva sede sul fianco di Palazzo Vecchio (lato via de’ Gondi), dove sull’area della porta d’accesso, che si chiama tuttora porta della Dogana, si può vedere la torre stemma di quei Maestri. Questo Ufficio aveva l’insegna in campo azzurro nella quale era rappresentata una torre quadra in oro con merli guelfi.
Ufficio dei Pupilli
Questo Magistrato era costituito da quattro Ufficiali buoni e onesti uomini e pietosi; dovevano provvedere a tutti i pupilli lasciati sotto loro governo per insino che siano in età perfetta. I pupilli erano i minori di età (sotto i 14 anni se maschi, 12 se femmine) rimasti orfani del padre. Gli Ufficiali tutelavano i beni e le persone dei minori e delle vedove (sempre che i genitori e i mariti non avessero lasciato tutori e curatori speciali), che trovavano in essi dei validissimi difensori dei loro giusti diritti. Sotto la protezione di questo Magistrato vi erano anche i sordomuti e i mentecatti. Gli Ufficiali dei Pupilli e Vedove, dovevano aver compiuto i quaranta anni; essere coniugati e con prole affinché‚ potessero meglio rendersi conto delle necessità in cui versavano i loro protetti, a difesa dei quali avevano autorità… di giudicare tutte le cause civili e criminali che li avessero danneggiati.
Non potevano però risposarsi con donne pupille, ne madri‚ ne sorelle di pupilli, ne comprare cosa alcuna da loro. Affinché‚ la loro tutela sulle persone sole ed indifese avesse immediata decorrenza, la legge obbligava i becchini a sporgere denunzia, entro tre giorni, di tutte le persone che morendo avevano lasciato degli orfani e vedove, al fine di poter provvedere efficacemente, quanto prima, alle loro necessità. Con una disposizione del 1767 fu tolta a questi Ufficiali la mansione di tutori e curatori universali. Le riunioni di questi Ufficiali avvenivano il martedì, mercoledì e venerdì, mattina e sera, nella loro residenza posta in piazza del Duomo, nella sede poi dell’Arciconfraternita della Misericordia, dove la sala del Magistrato di allora É attualmente la cappella. L’insegna consisteva in una figura in calzamaglia rossa e giaccone azzurro, con polsini e colletto bianco; il braccio destro del giovane É a squadra mentre il sinistro pende lungo il fianco; nelle mani del giovane vi É un cartiglio spezzato, il tutto in campo bianco.
Capitani di Orsanmichele
Il 10 agosto 1291 fu costituita la Compagnia laicale di Santa Maria di San Michele in Orto> per rendere onore alla Madonna con i canti che tutte le sere i fedeli innalzavano alla miracolosa immagine della Madre di Dio, posta sotto il loggiato di Orsanmichele dove aveva luogo, al mattino, il mercato del grano e delle biade. Questa immagine della Madonna, dipinta su un pilastro da Ugolino da Siena, fu oggetto di grandissima venerazione, e venne addirittura detta Madonna delle Grazie per i numerosi miracoli che continuamente Le si attribuivano. Fu proprio fra i numerosissimi devoti che si radunavano ogni sera davanti alla sacra immagine a cantare le laudi che si formò questa Compagnia, detta anche dei Laudesi proprio per le laudi che essi cantavano.La Compagnia era amministrata da sei Ufficiali capi della stessa che fu detta anche della Beata Vergine pura Madonna di San Michele in Orto, i quali furono chiamati Capitani di Orsanmichele.
! I buoni e onesti e di buona conversazione Capitani, devolvevano le offerte lasciate dai fedeli in opere di beneficenza, soccorrendo i poveri, aiutando i religiosi e sovvenzionando gli ospedali, oltre, naturalmente a governare la loro Compagnia. Durante la tremenda pestilenza del 1348, i Capitani di Orsanmichele ricevettero numerosissimi beni per lasciti testamentari da parte di moltissimi cittadini, che nutrivano per essi una grande fiducia e stima. Infatti i Capitani erano prescelti fra i cittadini di provata onestà, fedeli e devoti di Santa Romana Chiesa, e notoriamente guelfi. Il cospicuo patrimonio di beni subì una sensibile riduzione durante l’assedio di Firenze del 1530, quando l’istituzione fu costretta a disfarsene per contribuire finanziariamente alla difesa della patria. I Capitani si riunivano ogni giovedì sera purché‚ non festivo, nel qual caso l’udienza era rimandata alla sera seguente. Le riunioni avvenivano nella loro residenza situata accanto ad Orsanmichele, in angolo con via Calzaiuoli e via dei Lamberti, nel palazzo che tuttora mostra gli stemmi in pietra. Aveva per insegna, in campo azzurro, le tre lettere “OSM” in oro.
Tribunale di Mercatanzia
Intorno al Trecento, le Arti crearono questa istituzione giuridica che stava al di sopra di esse con la funzione di dirimere le controversie sorte fra Corporazioni, e per esaminare e giudicare le liti commerciali fra mercanti, anche in campo internazionale; doveva però sempre tutelare gli interessi del Comune, che per ragioni di Commercio poteva avere contrasti con altri Stati.
Lʼautorità ed il prestigio di questo Tribunale erano enormi, tanto che le sue inappellabili sentenze erano considerate valide anche all’estero. Costituivano il Tribunale di Mercatanzia un ufficiale forestiero dottore in legge, aiutato da consiglieri cittadini, che furono dapprima cinque e poi sei, detti appunto, i Sei della Mercatanzia.Cinque di essi provenivano dalle Arti Maggiori (Mercatanti, Cambio, Lana, Seta, Medici e Speziali) mentre il sesto veniva tirato a sorte fra le 14 Arti Minori e l’Arte dei Vaiai e Pellicciai. ! Dal 1355 le sentenze e gli atti del Tribunale furono redatti in lingua volgare anziché‚ latina. Nel 1358 si diede mano alla costruzione della grandiosa residenza di questa Magistratura, in piazza della Signoria all’angolo con via de’ Gondi. Sulla facciata spiccano ancora i ventuno stemmi delle Arti, scolpiti in pietra e posti in linea orizzontale. Il Tribunale di Mercatanzia faceva le tornate ogni giorno, mattina e sera, mentre al sabato avvenivano nella sola mattina. Questa Magistratura scelse, non a caso, il Protettore in San Tommaso Apostolo la cui statua, unitamente a quella di Gesù che mostra all’incredulo Tommaso la piaga del costato, fu posta nel 1486 all’esterno di Orsanmichele per opera di Andrea del Verrocchio. I giudici del Tribunale, proprio come il loro Protettore, dovevano essere sempre increduli prima di appurare i fatti e quindi certi dell’accaduto, sentenziare! L’insegna di questa Magistratura consisteva in un giglio rosso fiorentino sormontante un torsello ammagliato azzurro in campo bianco.
Conservatori di Legge
Una provvisione del 10 febbraio 1428, deliberata dalla Signoria istituì questa magistratura, la cui funzione era quella di tutelare la sicurezza e la giustizia dello Stato mediante la verifica della regolare e legittima elezione degli Ufficiali fiorentini e forestieri che andavano a ricoprire una carica, se essi facevano rispettare gli ordinamenti e le leggi della Repubblica, e se vigilavano sull’osservanza dei loro doveri procedendo contro gli eventuali trasgressori, tanto civilmente che criminalmente. Sindacavano, quindi, su tutti i Magistrati della Repubblica. Dieci cittadini, dʼetà superiore ai 35 anni, componevano questo Magistrato: scelti ed rimborsati fra gli iscritti alle Arti Maggiori e Minori, non potevano rifiutare l’incarico a meno che motivi di particolare gravita, convalidati dalla Signoria, non giustificassero la rinunzia alla carica, che durava sei mesi.
Questa magistratura aveva ancora giurisdizione per le cause criminali di bestemmie, sodomia e giochi. Sorvegliava, inoltre, che i cittadini inabili perché‚ ammoniti o perché‚ scritti nello specchio, non esercitassero le Magistrature o gli Uffizi. Nel 1532 le furono affidate anche le cause dei poveri. Ai Conservatori di Legge potevano ricorrere tutti i cittadini che si fossero ritenuti ingiustamente o eccessivamente aggravati. Un editto del 30 dicembre 1771 ridusse a soli tre Conservatori i componenti di questa Magistratura. I Conservatori di Legge si riunivano il martedì, mercoledì, giovedì e venerdì, mattina e sera, di ogni settimana, e durarono fino al 30 giugno 1777, quando questo Magistrato venne definitivamente soppresso. Esso aveva per insegna una figura di donna che rappresentava la Giustizia, a piedi nudi, con gonna rossa e corpetto azzurro; il braccio destro alzato impugnava una spada azzurra mentre dalla mano sinistra pendeva una bilancia; il campo era bianco.
Magistrato dei Cinque Conservatori del Contado e Dominio Fiorentino
Venne costituito il 18 gennaio 1419 e si componeva di cinque cittadini che avevano lʼautorità… di moderare vigilare e controllare sulle spese (fino a giungere all’abolizione di quelle superflue) delle amministrazioni di tutti i Comuni che facevano parte del Dominio Fiorentino. I cinque Conservatori facevano le loro tornate la mattina del giovedì, venerdì e sabato nella propria residenza situata in Chiasso Baroncelli. Questa stradina che da piazza della Signoria, accanto alla loggia dei Lanzi, conduce in via Lambertesca derivò il nome dalla famiglia Baroncelli che ivi aveva le case. La famiglia, che dette alla Repubblica 9 Gonfalonieri e 40 Priori, era discesa in Firenze dal Poggio di Baroncelli sopra Bagno a Ripoli.
Il 4 novembre 1551 furono messe in vigore alcune riforme che attribuirono a questo Magistrato autorità e giurisdizione su tutti i luoghi del Distretto, Contado e Dominio Fiorentino, tanto che senza la loro licenza non si potevano neppure stanziare n‚ pagare spese universali e straordinarie comunitative; presiedevano all’estimo del Contado e del Distretto, vigilavano sulle cautele, i soldi e le assicurazioni per la retta amministrazione e senza loro espressa licenza non si poteva costruire o riparare muraglie, n‚ acconcimi di mulini, strade, ponti e altre simili spese ne’ luoghi murati. Contro eventuali trasgressori i Cinque Conservatori instauravano processo e pronunciavano condanne. Tali erano le attribuzioni e autorità che competevano a questo magistrato, soppresso il 26 febbraio 1559. Le sue funzioni furono demandate quindi ai Nove Conservatori del Dominio Fiorentino di nuova istituzione. I Cinque Conservatori avevano per insegna una colomba bianca volta a sinistra posata su un ramoscello verde d’olivo, in campo azzurro.
Ufficio degli Otto di Guardia e Balia
Allo scopo di garantire nel miglior modo possibile la tranquillità e la sicurezza degli abitanti della città e del contado, nel 1375 venne istituito il Magistrato degli Otto di Guardia e Balia, al quale furono affidate funzioni di polizia. Si disse degli Otto poiché ‚ si componeva di tal numero di Ufficiali, eletti due per quartiere; il nome di Guardia lo ebbe perché‚ tutelava la libertà, l’ordine ed il vivere decente in tutto il territorio cittadino e del Dominio Fiorentino (come dimostrano i numerosi bandi tuttora esistenti su targhe di pietra in tante vie della città); la denominazione di Balia gli derivava dallʼautorità di ricercare e catturare i violatori della legge, i ribelli, i delinquenti comuni, e di sottoporli alle torture e di condannarli a qualunque pena con processi dallo stesso tribunale degli Otto, le cui sentenze erano inappellabili.
! Generalmente lʼautorità di Balia veniva rinnovata bimestralmente dalla Signoria, cioè ad ogni entrata in carica della stessa la quale, però, aveva la facoltà di negarla qualora motivi di necessità pubblica lo avessero consigliato o imposto. In questo caso i Signori Otto, soltanto di Guardia, avevano il solo compito di imprigionare i ricercati che venivano poi giudicati e condannati non da loro, bensì dalla Signoria. Pertanto, in quella veste stanno attenti a chi faccia cose contro il reggimento, contro la città e contro Castelli o Terre del Comune, e non hanno balsa di punire, ma di mettere il colpevole nelle mani del Rettore, che ne faccia giustizia. Le mansioni di questi Ufficiali ebbero una durata che nel tempo variò da un anno a sei o quattro mesi; essi si riunivano tutti i giorni, mattina e sera, tranne che il sabato sera, nel palazzo del Podestà, o Bargello, in cui avvenivano i processi e le condanne. L’insegna dei Signori Otto mostrava in campo bianco un soldato a cavallo andante a sinistra, con spada sguainata nella mano destra e nella sinistra un palvese bianco con la croce rossa del Popolo; una gualdrappa verde anch’essa con la croce rossa nella parte terminale, copriva il cavallo. Tutti gli altri colori sono al naturale.
Ufficio del Monte Comune (Monte delle Graticole)
Nel 1343 fu creato in Fiorenza l’Ufficio del Monte Comune, e per ogni Quartiere fu istituito un libro dove venivano segnate tutte le somme di denaro che i privati cittadini prestavano al Comune, ricevendone naturalmente un frutto annuale d’interessi. La parola monte era usata, in questo caso, quale termine economico per indicare l’operazione che convogliava un flusso di soldi. Benedetto Varchi scrive che la Repubblica, che aveva accettato grosse somme, deliberò che ciascuna persona avesse ogni anno di merito del credito suo a ragione del 25 per centinaio. La prospettiva di un buon investimento spingeva molti genitori, in occasione della nascita di una figlia, a depositare al Monte Comune una certa somma di denaro che rimaneva vincolata per un determinato numero di anni, allo scopo di procurare alla figlia una sicura dote al compimento della maggiore età. Anche se in certi casi il prestito era volontario, in realtà si trattava di una imposta dalla quale però erano esclusi i cittadini non sopportanti, cioè i meno abbienti.
Ogni tanti anni si riformava il Monte, variandone gli interessi. Il Monte Comune venne chiamato popolarmente anche Monte delle Graticole a causa dei cancelli posti a protezione dei banchi dei funzionari addetti; agli stessi cancelli (che richiamavano l’immagine di una graticola) venivano attaccate tutte le comunicazioni del Monte riguardanti i prestiti. Gli Ufficiali preposti all’amministrazione del Monte venivano eletti dal Comune; facevano le loro tornate la sera del mercoledì e del giovedì nella propria residenza posta al Palazzo del Bargello. Più tardi essi si trasferirono in Via di Capaccio, dove sull’architrave della porta d’ingresso E’ tuttora visibile, scolpito in pietra, lo stemma di questo Ufficio. L’insegna in campo azzurro mostrava sei monti araldici d’oro collocati a piramide, sormontati da un giglio dello stesso colore.
Ufficio dell’Archivio Generale
Con questa denominazione s’indicava in Firenze il particolare ufficio creato per custodire il pubblico archivio. E per archivio si intendeva il luogo dove venivano conservate tutte le scritture pubbliche e private, in modo che potessero essere all’occorrenza esaminate e consultate agevolmente, per stabilire la verità su un determinato atto, al fine che la verità non perisca. Prima del 1518 i notai conservavano i contratti, i testamenti ed ogni altra scrittura presso di s‚, ma da questa consuetudine nascevano spesso degli inconvenienti; specialmente dopo la morte del notaio, poteva accadere che certe scritture andassero smarrite, o venissero alterate o sostituite per negligenza o per personale interesse. Fu così che nel 1518 venne varata una legge che impose ai notai di depositare i contratti ed i testamenti in un Archivio Generale appositamente istituito nella residenza dell’Arte dei Giudici e Notai, situata in Via del Pronconsolo, all’angolo con Via de’ Pandolfini.!
Circa 40 anni dopo, nel 1569, Cosimo I trasferì l’Archivio nei grandi locali ai piani superiori della Chiesa di Orsanmichele (già granaio); per renderne più agevole l’accesso, commissionò al Buontalenti la costruzione dell’arco cavalcavia, quale tutt’oggi si vede, che collegava il palazzo dell’Arte della Lana con Orsanmichele all’altezza dei rispettivi primi piani dei due edifici. L’Archivio Generale era amministrato da un magistrato di quattro persone onorate, pratiche, esperte e di bontà, che si riunivano la mattina di ogni mercoledì, giovedì, sabato; essi avevano totale cognizione e giurisdizione ed ogni autorità di tutte le liti e cause le quali potranno occorrere fra li notari procedendo contro i trasgressori in qual si voglia modo, condannandoli o assolvendoli come giudicheranno convenirsi per giustizia. Quest’Ufficio aveva l’insegna in campo azzurro sul quale spiccava una mano sinistra di colore naturale, il cui dito indice era alzato in segno indicativo; il polsino era bianco ed il tronco di manica rosso.
Ufficio dei Capitani di Parte Guelfa
Dopo la sconfitta subita dai ghibellini nel 1267, Firenze divenne il centro della Lega Guelfa in Toscana, che si estendeva fino a Bologna e Perugia. Fu perciò costituito un Magistrato retto da cittadini chiamati <>. Questo Magistrato, grande e onorevole aveva autorità… grandissima, quasi uno Stato dentro lo Stato, con giurisdizione civile e criminale; aveva proprie leggi, ordini e sigillo; economicamente era potentissimo, grazie alle confische dei beni dei ghibellini ribelli, le cui rendite venivano impiegate in opere per l’accrescimento del prestigio e in difesa della Parte Guelfa. Si sa, dai suoi stessi scritti, che nel 1512 aveva ufficio in questo Magistrato, Iacopo Nardi autore delle famose Istorie Fiorentine. I Capitani soprintendevano alle strade, piazze, fabbriche pubbliche, fiumi e ponti di tutti i castelli e le rocche del Dominio Fiorentino ed alla cura delle mura difensive cittadine. Dipendevano da questi, gli Ufficiali di Torre (istituiti quando i guelfi riportarono la definitiva vittoria sulla parte avversa) che decretarono la demolizione di tutte le torri ghibelline.
I Capitani di Parte si riunivano la mattina del mercoledì, giovedì e venerdì di ogni settimana nel palazzo detto, appunto, della Parte Guelfa, ubicato nella piazzetta che ancor oggi ne porta il nome. Quello stesso palazzo É descritto dal notaio ser Lapo Spina in un inventario dei beni posseduti dalla Parte Guelfa, sotto la data del 6 gennaio 1322, un palagio il quale É fatto e compiuto di nuovo per farvisi entro i Consigli della detta Parte. L’Ufficio dei Capitani di Parte Guelfa aveva per insegna quella donata da Papa Clemente IV ai Guelfi fiorentini quale segno di gratitudine per il loro decisivo intervento nella guerra contro Re Manfredi: un’aquila rossa afferrante un drago verde in campo bianco; sulla testa del rapace fu apposto un piccolo giglio rosso.